Dom Kultúry: l’anima della cultura scolpita nel legno

C’era qualcosa di profondamente solenne e, allo stesso tempo, intimo nel varcare la soglia del Dom Kultúry. Non ero semplicemente davanti a un edificio culturale. Ero dentro una visione: quella di mio nonno, Dušan Jurkovič, che credeva nella forza della bellezza popolare, nella cultura come esperienza viva, quotidiana, accessibile a tutti.

Un luogo che accoglie

Il primo colpo d’occhio è tutto nel legno scolpito, nei colori accesi, nei motivi decorativi che si intrecciano in ogni angolo della struttura. Non si può sbagliare: è opera sua. Jurkovič non creava spazi asettici o puramente funzionali. Ogni edificio aveva un’anima. E il Dom Kultúry ne ha una profonda: è un luogo che invita a entrare, a restare, a partecipare.

Mi sono seduto su una delle panchine del salone principale e ho immaginato le persone del tempo – uomini, donne, bambini – che si riunivano qui per ascoltare musica, per vedere spettacoli, per imparare. E ho sentito forte la convinzione che mio nonno portava con sé: la cultura è per tutti, e deve parlare la lingua del popolo, della terra, delle radici.

La visione di Jurkovič

Quello che rende il Dom Kultúry così speciale, e così attuale, è il modo in cui unisce tradizione e progresso. Jurkovič non voleva congelare il passato, ma costruire un futuro che sapesse da dove viene. In ogni dettaglio si legge il desiderio di creare uno spazio aperto, dove la cultura non fosse solo spettacolo, ma dialogo, crescita, comunità.

Guardando le travi scolpite e i disegni ispirati all’arte popolare slovacca, ho provato una gratitudine profonda. Mio nonno riusciva a trasformare ogni edificio in un messaggio: “Questo spazio è vostro. Vivetelo. Difendetelo. Create.”

Un messaggio ancora vivo

Oggi più che mai, in un’epoca in cui i luoghi della cultura rischiano di diventare freddi e impersonali, il Dom Kultúry ci ricorda che l’arte e la bellezza devono parlare con voce umana.
Che la cultura non vive solo nei libri, ma anche nei materiali, nei colori, nelle mani di chi costruisce.
E che l’identità di un popolo si difende anche attraverso l’architettura.

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